2 Novembre 2022
La lectio divina è un modo particolare di leggere la Sacra Scrittura, sviluppatosi soprattutto nell’alveo della tradizione monastica, che ha come scopo quello di farci illuminare in profondità dalla Parola di Dio per crescere in una relazione sempre più intima con il Signore. Quindi, prima ancora che studio, la lectio divina è preghiera. Più precisamente, è un metodo per pregare: non una tecnica da imparare, ma una strada, un cammino che ci porta alle soglie di quella sorgente di luce e pace che è Dio.
Per capire bene come praticare la lectio divina, occorre prima di tutto avere chiaro cosa intendiamo quando parliamo di «Parola di Dio».
La Parola di Dio è la comunicazione che Dio fa di Se stesso.
Si tratta di un termine analogico, nel senso che in questa espressione sono compresi più significati:
- La persona di Gesù Cristo, eterno Figlio del Padre, fatto uomo (cfr. Gv 1,1): è il significato principale;
- Il «libro della natura», cioè la creazione, in quanto espressione del Verbo;
- La voce di Dio, in «eventi e parole» (Dei Verbum, 2), lungo la storia della salvezza e che trova la sua pienezza nel mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio;
- È la parola predicata dagli Apostoli in obbedienza al comando del Risorto (cfr. Mt 16,15), trasmessa nella Tradizione viva della Chiesa;
- La parola scritta ispirata della Bibbia, Antico e Nuovo Testamento.
«Tutto questo ci fa comprendere perché nella Chiesa veneriamo grandemente le sacre Scritture, pur non essendo la fede cristiana una “religione del Libro”: il cristianesimo è la “religione della Parola di Dio”, non di “una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente”. Pertanto la Scrittura va proclamata, ascoltata, letta, accolta e vissuta come Parola di Dio, nel solco della Tradizione apostolica dalla quale è inseparabile» (Verbum Domini, 7).
La Parola di Dio non è (solo) informativa, ma soprattutto performativa: ciò significa che essa non si limita a darci informazioni nuove, ma ci trasforma, è operante in noi, se noi la lasciamo agire (Is 55,10-11). Tante volte ci avrà colpito e/o illuminato un passo ascoltato in chiesa, oppure letto per conto nostro, o anche semplicemente ricordato, etc.
Nella lectio divina cerchiamo di creare un contesto favorevole perché questa esperienza possa verificarsi. L’iniziativa è di Dio, è opera Sua: questa è la consapevolezza generale della preghiera cristiana. Spetta a noi stare in attesa e lasciarci toccare.
La lectio divina attinge al senso spirituale della Scrittura: «la Parola di Dio stesso, infatti, non è mai presente già nella semplice letteralità del testo. Per raggiungerla occorre un trascendimento e un processo di comprensione, che si lascia guidare dal movimento interiore dell’insieme e perciò deve diventare anche un processo di vita» (Verbum Domini, 38). Dunque occorre non solo la testa, ma anche il cuore!
Tradizionalmente, il metodo della lectio divina è stato suddiviso in quattro momenti:
- Lectio (lettura): approfondire il contesto del brano che stiamo leggendo e i suoi rimandi interni nella Bibbia, per capire cosa il testo dice in sé;
- Meditatio (meditazione): rapportare il testo letto e compreso alla mia vita, alla mia situazione qui e ora, carica delle mie aspirazioni, dei miei desideri, delle mie attese, delle mie preoccupazioni e dei miei problemi. Insomma, è ciò che il testo dice a me;
- Oratio (preghiera): la Parola ascoltata diventa preghiera, quindi supplica, ringraziamento, intercessione, etc.;
- Contemplatio (contemplazione): è l’azione di Dio che si mostra a noi secondo il Suo volere e i Suoi tempi, non dipende dall’osservanza del metodo.
A questi quattro momenti se ne possono aggiungere altri due:
- Collatio (condivisione): cioè il mettere insieme ad altri ciò che la Parola di Dio mi ha comunicato, per farla risuonare nella comunità. Si può collocare tra la meditatio e l’oratio, o anche come parte di quest’ultima;
- Actio (azione): vale a dire un proposito concreto che rappresenta la messa in pratica di quanto ho pregato.