Cieco nato si lava nella piscina di Siloe

Lectio divina – Vangelo della IV Domenica di Quaresima anno A

lectio divina

18 Marzo 2023

Si propone uno schema-guida per la lectio divina sul Vangelo di domenica 19 marzo 2023.

(Si consiglia di avere sottomano una Bibbia per consultare i vari passi citati)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 9,1-7.35-41)

1Passando, [Gesù] vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?”. 3Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo”. 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe” – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. […] 35Gesù seppe che [i farisei] l’avevano cacciato fuori [dalla sinagoga]; quando lo trovò, gli disse: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. 36Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. 37Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. 38Ed egli disse: “Credo, Signore!”. E si prostrò dinanzi a lui. 39Gesù allora disse: “È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”. 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: “Siamo ciechi anche noi?”. 41Gesù rispose loro: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane”.

LECTIO (Cosa il brano dice in sé)
Contesto

La guarigione del cieco nato si colloca in un’unità testuale che ha come sfondo la festa delle Capanne o Sukkot (Gv 7,2), che ricordava la permanenza di Israele nel deserto e si sovrapponeva alla festa della mietitura. In essa si celebrava la fedeltà di Dio: concretamente, per il dono di una stagione favorevole; nella memoria, per la presenza del Signore in mezzo al Suo popolo durante le peregrinazioni dopo l’esodo dall’Egitto. Gesù è l’incarnazione di tale fedeltà e il senso ultimo e nascosto di tale festa (7,10): Egli è l’acqua che dà vita (7,37-39; Es 17,6) e luce sul cammino di chi crede in Lui (Gv 8,12; Sal 18,29; 119,105). Proprio la luce è il tema principale dell’intera sezione del cieco nato, di cui proponiamo l’inizio e la fine, che si prolunga e si completa con il brano del Buon Pastore (Gv 10,1-21) per indicare che ora è Dio stesso a guidare le Sue pecore e a farle riposare (Sal 23,1; Ez 34,15). In ciò spicca, per contrasto, la decisione dei Giudei di espellere l’ex-cieco dalla sinagoga (v. 35). Tutto il brano (Gv 9,1-41) ha un chiaro significato battesimale.

Versetti

v. 2: «Chi ha peccato»: l’idea che la malattia o la malasorte fossero conseguenza del peccato era ben radicata nel giudaismo dell’epoca di Gesù e presente anche nella Bibbia (Gb 4,8; Pr 12,21), a cui però sia la stessa Scrittura (Gb 42,7; Qo 4,12-16; Ger 31,29-30; Ez 18,1-4), ma soprattutto Gesù non manca di opporsi (Lc 13,1-5). In realtà, al suo centro tale questione è corretta: il Signore benedice i giusti e gli innocenti (Sal 37,25; Sir 2,10), mentre il male per sua stessa natura conduce alla distruzione (Sal 1,4-6; Pr 10,27; Qo 7,16-17). Il problema di tale cosiddetta “teoria della retribuzione” è che dà una risposta troppo facile al problema del male (il “mistero di iniquità”), ponendo la doppia equazione: giustizia = prosperità, peccato = disgrazia. Infatti, se il bene per i buoni è assicurato già per questa vita (Mc 10,29-30), il giudizio dei malvagi è invece spostato su un altro piano (Sap 3,1-3; Mt 13,24-30; 2Pt 2,9). Estremizza tale contraddizione la figura del Giusto sofferente (Is 53,6-11; Sal 22; 1Pt 2-21-24).

v. 3: «Perché in lui siano manifestate le opere di Dio»: le opere di Dio sono i segni che manifestano la Sua presenza in Gesù (Gv 2,11; 5,21), così come dovette fare Mosè (Es, 4,30-31), anche se, a differenza di quest’ultimo, non troverà l’accoglienza della fede da parte del popolo (12,37). Anche il nome della piscina (v. 7) rimanda a questo significato. Certamente ciò non vuol dire che la malattia sia un mezzo per mostrare la gloria di Dio, al modo di un prestigiatore; le parole di Gesù sono invece un invito a guardare con fede al male inspiegabile (Lc 4,22-27). Il Signore infatti ha sempre compassione della sofferenza dei Suoi figli (Mc 1,41; Lc 7,13; Gv, 11,35). Rimane però il mistero di un’esistenza che è toccata in profondità dalla corruzione (Gen 3,16-19), a cui Dio risponde col farsi prossimo a noi (Lc 10, 33; 11,13).

v. 4: «Finché è giorno»: il giorno indica la capacità di vedere e operare (Sal 104,22-23). Siamo invitati, quindi, come discepoli, a compiere anche noi l’opera che Dio ci ha affidato finché ne abbiamo possibilità, cercando come possiamo di alleviare il dolore e la miseria del nostro prossimo e ascoltando qui e ora l’appello di Dio, prima che per i motivi più vari (ostacoli, avversità, impedimenti e, in ultimo, la morte) siamo impediti a farlo (Gv 11,9-10; 1Gv 2,8-11).

v. 37: «Lo hai visto: è colui che parla con te»: è un appello alla fede (Gv 20,27-29). Il verbo greco usato (eōrakas) ha il senso di un’esperienza del passato che si prolunga nel presente, oppure di un semplice presente. La fede non è un credere cieco, ma parte dal riconoscere i segni (20,8), che costituisce il «vedere» per noi che non abbiamo conosciuto personalmente Gesù (2Cor 5,16). Ciò presuppone, però, l’ascolto (Rm 10,14-15) e una prima comprensione del messaggio (Gv 14,7-9; 20,9).

v. 39: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo»: è il rapporto con la persona di Gesù a mostrare la verità di noi stessi (Mc 8,35-38; Lc 12,15; Gv 3,19).

MEDITATIO (Cosa il brano dice a me)
  1. Come vivo il mistero della sofferenza? Ostacola la mia fede?
  2. Ho fiducia che il Signore mi è accanto qui e ora, anche se sono nella prova?
  3. Riesco a scorgere i segni della presenza di Dio nella mia vita?