24 Giugno 2023
Si propone uno schema-guida per la lectio divina sul Vangelo di domenica 30 aprile 2023.
(Si consiglia di avere sottomano una Bibbia per consultare i vari passi citati)
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,1-10)
1“In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei”. 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. 7Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
LECTIO (Cosa il brano dice in sé)
Contesto e struttura
Il brano, prima metà del discorso detto “del buon Pastore” (Gv 1-21), si colloca nel contesto della festa delle Capanne o Sukkot (7,2) e segue immediatamente l’episodio del cieco nato (9,1-41). Il discorso prende spunto dalla domanda di alcuni farisei: “siamo ciechi anche noi?” (9,40), in merito alla polemica di Gesù nei confronti delle guide di Israele (coloro che “vedono”, o almeno dovrebbero vedere, cfr. 9,41) tra cui rientravano, appunto, i farisei: per immagini, ma anche con una certa solennità, Gesù si rivela come il vero Pastore d’Israele (Ez 34,23), chiamato a radunare le pecore disperse e a prendersi cura delle deboli e malate (Mt 9,36; Lc 15,4). Il testo che leggiamo è la preparazione al vero e proprio discorso del buon Pastore (Gv 11,21) e si struttura fondamentalmente su due immagini: 1) l’introduzione della figura del pastore in opposizione a quella del bandito (vv. 1-5); 2) la porta, anch’essa in opposizione a un’altra immagine, quella del ladro (vv. 7-10). A fare da cerniera e snodo del discorso il versetto che parla dell’incomprensione dei discepoli (v. 6).
Versetti
v. 2: «Pastore delle pecore»: la figura del pastore è ambivalente. Si tratta, certo, di colui che si occupa materialmente del gregge, ma può anche significare capo o condottiero (Mi 2,12-13; Is 44,28). Infatti era uno dei titoli messianici (Ez 34,23). Non dobbiamo quindi pensare che Gesù proponga un’immagine bucolica, quasi da fiaba; in realtà, si tratta del richiamo a una ben precisa profezia (Ez 34,1-31), non esente da sfumature politiche (2Cr 18,16). Il tema dell’indegnità dei pastori d’Israele è ricorrente nei profeti (Ger 2,8; 10,21; Zc 11,4-17), ma anche Gesù non fa sconti su questo (Mt 23,3). Un altro brano giovanneo che ci permette di chiarire l’idea del pastore proposta da Gesù è quello della moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-15), che si richiama al Sal 23; inoltre, l’aspra discussione sul pane della vita (Gv 6,22ss.) permette di escludere ogni rivendicazione politica. Gesù è venuto a liberare e pascere il suo popolo, ma non nel senso che poteva cogliere la gente (Lc 24,21). Allora, applicato a Gesù, il pastore è colui che indica la direzione nel cammino della vita – anzi, ne è Egli stesso il senso (Gv 14,6) – e che sostiene e protegge chi si pone sotto la sua guida fino alla meta finale (Ap 7,17).
v. 3: «Ascoltano la sua voce»: all’epoca di Gesù, durante la notte, le pecore dei vari greggi venivano ammassate entro uno stesso recinto o muretto (ecco perché chi «sale» da altri posti diversi dalla porta è un ladro o un brigante, v.1), la cui porta era custodita da un guardiano. Poi, la mattina arrivava il pastore a cui egli apriva la porta del recinto, e già le sue pecore si erano dirette verso di lui avendone riconosciuto la voce. L’ascolto di quest’ultima era infatti il modo con cui le pecore appartenenti ai vari greggi potevano tornare al loro legittimo proprietario. Quindi Gesù, cioè Dio, è il legittimo proprietario delle pecore d’Israele (Gen 48,15; 49,24; Sal 23,1; 80,2), del quale i vari re e giudici sono stati solo una figura.
v. 7: «Io sono la porta»: una delle porte del Tempio si chiamava, appunto, “delle Pecore” (Ne 3,1) ed è presso di essa che Gesù compie il miracolo della guarigione dell’infermo alla piscina di Betzatà (Gv 5,2). Il malato non ha chi lo porti a immergersi, è fermo; ma Gesù non si limita a guidarlo verso la piscina, lo guarisce egli stesso e lo rende nuovamente capace di camminare (5,9). Gesù è dunque un pastore che non solo guida, ma che dona la capacità stessa di camminare (Ez 34,16). Il tema della porta è simile a quello della «via» (Gv 14,6), che altrove è legato alla libera scelta individuale: siamo chiamati ad attraversarla, anche se non è facile (Lc 13,24), oppure siamo invitati (non obbligati!) ad aprire la nostra, di porta (Ap 3,20).
v. 10: «Abbiano la vita»: l’uomo non è fatto per stare chiuso dentro un recinto, ma per essere libero. Eppure tale libertà è fragile e va tutelata; per questo essa non esclude la presenza di una Guida, anzi, grazie ad essa la libertà può essere autentica (Gv 8,31-32; 7,37-38; Mt 11,28-29). Seguire un impostore, invece, è come seguire un ladro, perché ruba la vita (Mt 4,8-10; Lc 16,13; Mc 8,35).
MEDITATIO (Cosa il brano dice a me)
- Chi sono le guide della mia vita? C’è qualcuno o qualcos’altro oltre a Gesù?
- Quali sono le mie infermità, pesantezze od ostacoli nel seguire il Pastore?
- So riconoscere la voce del Pastore fra le tante che risuonano intorno a me?
- …